Il peso della libertà
“D'altronde ci da
la possibilità di scegliere il luogo dove passare la notte, possiamo
goderci la natura senza nessuno attorno, è un privilegio,
questo....” continuo a ripetermi questa frase come un mantra,
mentre arranco a fatica su per l'ennesima salita di questa serie
interminabile di saliscendi.
Non so se mi pesa di
più questo zaino improbabile che, assieme a quello di Max contiene
tutto il necessario per sette giorni in quota in completa autonomia, o lo sguardo di
compatimento dei gitanti che ci sorpassano, camminando leggeri.
Immagino i commenti, pur se velati “eh, ma non si potrebbe andare
in tenda; eh, ma in montagna si dorme in rifugio; però il sentiero
passa di là; eh, ma perché fare tutta questa fatica, e poi in
rifugio si mangia bene”, sintomo di quel pensiero unico atto ad
impedirci di pensare con la nostra testa, a impedirci di essere
liberi. Quant'è la dose di wild necessaria per zittire quel collegio
giudicante che diventa così potente più ci si inoltra sulle vie
battute, così potente da insinuarsi così subdolamente dentro di me,
rendendolo pressoché invincibile?
Solo una guida, un
giovane tedesco che accompagna un gruppo di escursionisti che
percorrono l'alta via, mi rivolge un sorriso che sa di solidarietà e
nei suoi occhi mi par di leggere anche un po' di invidia.
Comunque vado
avanti, Max mi distanzia sempre più e c'è ancora questa salita
ripida e poi dovremmo essere in forcella e da lì si vedrà il
rifugio, la prima meta di questa giornata.
E quasi piango, una
volta in forcella, perché sì, il rifugio si vede, ma è là via in
fondo, e c'è ancora da scendere e poi quella salita immensa. E quasi
piango: non lo faccio perché so che spezzerei quel delicato
equilibrio che permette alla volontà di avere la meglio sulla
stanchezza, sulla paura, sulla voglia di arrendersi. Inarco la
schiena e vado.
E ora siamo qui
seduti, sul far della sera, davanti al laghetto alpino nascosto in
una conca in questa valle incantata che ci siamo scelti per passare
la notte, la nostra tendina piantata di fianco ad una cascata che mai
avremmo visto se avessimo seguito il sentiero. “Se fossimo andati
per rifugi, con zaino leggero, non avremmo potuto vivere questa
meraviglia” - dico a Max, questa volta a voce alta.
Una brezza leggera
increspa le acque trasparenti, nessun suono oltre a qualche
scampanellio lontano delle mucche al pascolo e a qualche belato di
pecora: se solo conoscessi le parole per descrivere quello che vedo
e, soprattutto, quello che sento.
E quasi piango.